Scompartimento n. 6

Juho Kuosmanen

Laura è una ragazza finlandese che vive a Mosca per studiare archeologia. Mentre la sua relazione sentimentale sembra essere arrivata a un punto morto, la giovane prende un treno diretto verso il circolo polare artico, per osservare da vicino dei preziosi petroglifi. Laura è costretta a dividere, per tutto il lungo viaggio, una piccola cabina con un minatore russo di nome Ljoha, che inizierà pian piano a conoscere…



Hytti nro 6
Finlandia/Russia/Estonia/Germania 2021 (107′)
CANNES 74°: Gran Premio della Giuria

Non bisognerebbe mai attaccare discorso con gli sconosciuti in treno, ma provarci aiuta ad avere un brivido nella vita: può andare male come insegna Hitchcock, può andare meglio come illustra Linklater. A una giovane finlandese, in viaggio verso un sito archeologico del Mar Artico, fa scoprire come la solitudine di due esseri (lei ha una storia d’amore, che sta svanendo, con una donna) possa coniugarsi in slanci d’affetto, compensando i vuoti di un’esistenza già condizionata da territori desolati e clima ostile (il ragazzo nello scompartimento è ruvido e ama la compagnia della vodka). Il finlandese Juho Kuosmanen esplora ancora la marginalità dell’essere, accarezzandone gli inciampi: la vita va come il treno, fermandosi e ripartendo. Nel buio di una notte artica, tra la neve e il vento.

Adriano De Grandis – Il Gazzettino


Il terzo lungometraggio di Juho Kuosmanen è un tutt’altro che scontato road movie in cui il viaggio in treno assume il valore metaforico di una ricerca di empatia e di condivisione umana. Laura sta “scappando” in treno da Mosca, città nella quale si è trasferita dalla Finlandia e in cui vive con la sua compagna Irina. La loro è una relazione misteriosa, che non appaga allo stesso modo entrambe. Il contesto in cui vivono realizza completamente solo una delle due donne (Irina). L’altra (Laura) è ancora alla ricerca della propria dimensione, del proprio punto di arrivo. La meta in questione è un sito archeologico di Murmansk nel quale si trovano i Petroglifi: incisioni rupestri, tra le prime manifestazioni dell’arte creata dall’uomo. Il suo viaggio riflette un bisogno trasversale, che la accomuna ai primitivi autori dei petroglifi. È la condivisione umana della propria esperienza vitale ad essere, forse, il vero punto di arrivo per Laura. Kuosmanen accompagna dinamicamente la sua protagonista tra gli scompartimenti del treno diretto a Murmansk, come farebbe il miglior Assayas. La segue nella sua cuccetta dove incontra il suo compagno di viaggio Ljoha, un minatore russo dai modi diametralmente opposti a suoi. Tra i due si sviluppa una tensione crescente. Questa, in un primo momento, è dettata dalla loro apparente incompatibilità. Ma chilometro dopo chilometro, la tensione diventa il risultato del tentativo, sempre più insistente, di catturare l’interiorità inespressa dell’altro.

Il regista, con grande sensibilità, cerca di riprendere l’emotività della sua protagonista, perennemente indecisa e insicura sulle scelte così come sui sentimenti. La vediamo intenta a riprendere i binari che il treno si lascia alle spalle, a riguardare i filmati realizzati a Mosca con Irina. Più volte tenta di ricevere un segnale dal passato, da quello che si sta lasciando alle spalle, senza mai trovare una risposta. Nel film di Kuosmanen, ispirato al romanzo di Rosa Liksom, il gelo della Russia artica combatte col calore dello scambio umano, che i due protagonisti vivono fermata dopo fermata, una volta avvicinandosi, un’altra allontanandosi ma mai in maniera definitiva. I due condividono per qualche giorno uno spazio vitale ma anche emozionale, regalando ciascuno all’altro un antidoto prezioso al proprio disagio. Ma al capolinea del treno, la situazione sembra aver fatto un passo indietro. Il già citato punto di arrivo sembra ancora più lontano di prima. “È irraggiungibile”, dicono a Laura. Ecco che forse, l’unico modo per arrivarci realmente è riprendere la condivisione smarrita e abbandonarsi al reciproco aiuto. In una delle sequenze finali, i due giovani protagonisti si ritrovano e nel mezzo di una bufera di neve, in uno scenario fuori dal tempo che ricorda Se mi lasci ti cancello, raggiungono l’agognata meta. Dopo La vera storia di Olli Mäki, Kuosmanen ci regala un’opera di rara sensibilità, convincente dal primo all’ultimo fotogramma.

Giorgio Amadori – sentieriselvaggi.it

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