Il siciliano Calogero, che lavora come venditore di granite, assiste a un omicidio mafioso e, decisosi a testimoniare, si ritrova inserito nel programma di protezione che lo trasferisce a Sauris, un paesino tra le Alpi friulane. Calogero già fatica ad ambientarsi, ma la situazione sembra precipitare quando, per uno scherzo del destino, il killer contro cui aveva testimoniato, ora pentito, viene destinato anche lui a Sauris… Un film lunare che oscilla fra il comico, il tragico e il surreale.
Italia 2020 (85′)
Esordio nel cinema di fiction del triestino Davide Del Degan, Paradise – Una nuova vita si avvale della sceneggiatura di Andrea Magnani, che nel 2017 debuttò con Easy – Un viaggio facile facile. Nel solco di quel road movie sulle rotte ucraine, anche questa co-produzione italo-slovena è una storia periferica e di frontiera, ambientata a Sauris, tra le montagne del Friuli, in un villaggio che è quanto di più lontano dal centro possa esserci. Dal profondo sud, dove vendeva granite, Calogero (Vincenzo Nemolato, gran carattere: prima prova da protagonista) è finito nel profondo nord: dopo aver assistito un omicidio di mafia, ha deciso di testimoniare entrando così nel programma di protezione. Come capita spesso a chi fa la cosa giusta per naturale predisposizione morale, il disorientato Calogero, distante – fisicamente ed emotivamente – dagli affetti più cari (la moglie non ha voluto seguirlo, la figlia è nata quando lui era già fuori), sconta gli effetti di una scelta pesantissima, sfortunato peraltro anche sul versante professionale (le granite ai montanari?).
E non solo: il killer (Giovanni Calcagno) contro cui ha testimoniato è diventato a sua volta un collaboratore di giustizia ed è stato spedito a Sauris. Un errore amministrativo che però si rivela a poco a poco un’opportunità per aprire strade nuove: che sia pronto anche lui a tagliare i ponti con il passato? Paradise è il nome del residence che accoglie Calogero, ma ha un nome che va da sé si presta alle interpretazioni suggerite dal sottotitolo una nuova vita: indica un’ipotesi di futuro, il coraggio di abbracciare la possibilità di una redenzione, una via verso un’esistenza alternativa rispetto a una realtà che a tratti somiglia all’inferno. Complice la location montanara che tra fiocchi di neve e soffi di vento appare precisissima nel definire i confini sfumati di un orizzonte umano prima che geografico,
Del Degan riesce a restituire un’atmosfera sospesa tra reale e onirico, configurando lo spaesamento dei protagonisti e dando l’idea che una storia del genere possa compiersi solo in quel contesto. Il registro è quietamente grottesco, sostenuto dal portato surreale e al contempo realista dei volti irregolari di Nemolato e Calcagno, e si muove in direzione di un tipo di umorismo funzionale al clima ovattato e alla tensione montante.
Lorenzo Ciofani – cinematografo.it.