Antigone, sedicenne algerina orfana, vive a Montréal con i fratelli, la sorella e la nonna. Ma, in seguito a un incidente fortuito con la polizia, uno dei fratelli muore e l’altro viene arrestato… Moderna rivisitazione della tragedia di Sofocle, ispirata da un fatto di cronaca e trasformata in uno scontro di forze sociali nel contesto della società capitalista.
Canada 2019 (109′)
La regista Sophie Deraspe porta sulle scene una donna sola contro il potere stabilito. Secondo il mito greco nessuna legge umana poteva contrariare certi principi, nemmeno se si trattava di un traditore, e soprattutto nessuno poteva vietare a una sorella di dare sepoltura al proprio fratello. In questo caso non si tratta di sepoltura, ma del “vivere”, perché non si tratta di una storia di morte, ma di una storia di vita. Antigone in questo film, studentessa modello e ragazza esemplare, mette a repentaglio il proprio futuro, ottenuto con grandi sacrifici, per tutelare la sua famiglia e, per salvare suo fratello, abbatte le barriere delle leggi in nome dell’amore, del rispetto, contro il diritto e il dovere.
Il film vanta una struttura densa e un messaggio profondo, anche sociale e razziale, incentrando la vicenda attorno a una famiglia di immigrati ospiti in un paese che sembra averli accolti, ma che non li tutela veramente. L’amore messo in scena ha tanto da insegnare, la pellicola è molto forte e l’interpretazione di Nahema Ricci è davvero potente, accresciuta dall’intensità del personaggio di Sofocle, rivisitato in chiave moderna e vittima della società. Antigone è molto giovane ed esile, un alter ego del suo immenso vigore interiore, mentre il colore e la vis dell’adattamento sono così vividi che sembrano nascere e appartenere all’oggi. La famiglia non riesce a trovare spazio in una società che non li tollera a priori, in un Canada feroce e spietato in tutto tranne che nella delicatezza di un amore, culla di sentimenti puri e senza condizionamento alcuno.
Sofocle sembra un autore di questo tempo, impressiona la contemporaneità di un’opera che ha millenni, un’eroina che “è preoccupata del giudizio dei morti, rispetto a quello dei vivi”, in un mondo ingiusto, che con le sue leggi e i suoi principi semina morti più di combattimento in battaglia. Eteocles e Polynices, fratelli di Antigone, hanno le loro colpe ma pagano per le loro scelte e per una criminalità che ormai va combattuta senza alcuna pietà. Splendido tributo in questo contesto politico e sociale è l’inserimento del coro tebano e l’incarnazione in una psichiatra dell’indovino cieco Tiresia, due isole dell’anima, dove Antigone trova conforto e spazio per raccontare il tumulto che la attraversa e la muove. Il personaggio è reso attuale dall’inserimento in un contesto diverso, anche se le dittature sembrano non morire mai nutrendosi di qualsiasi gioco di potere, come le leggi che resistono allo scorrere del tempo. Una ragazza rompe la purezza di Sofocle e fa una scelta sul proprio corpo e una scelta di vita, per un futuro in evoluzione, dal senso incerto ma dal sentimento deciso, quello stesso sentire che descriveva Sofocle quando scriveva “L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo.”
Chiaretta Migliani Cavina – ecodelcinema.com