Sheytan vojud nadara
Germania/Repubblica ceca/Iran 2020 (150′)
BERLINO 70° – Orso d’oro
BERLINO – There is No Evil è il titolo internazionale di Sheytan vojud nadarad, film vincitore dell’orso d’oro a Berlino 2020. L’autore, Mohammad Rasoulof, si era già messo in evidenza un paio di anni fa a Cannes con Lerd (Un Homme Intègre), premiato come miglior film della sezione Un certain regard; ma da allora caduto in disgrazia nel suo paese, privato del passaporto e accusato di propaganda e attentato alla sicurezza dello stato.
Impossibile non pensare all’altro orso d’oro vinto qui a Berlino nel 2015 dal connazionale Jafar Panahi con Taxi Teheran (e quasi bissato due anni dopo con Tre volti, Gran premio della giuria). Tuttavia, pur provenendo da due registi ugualmente condannati dal regime iraniano ad astenersi (almeno ufficialmente) dal girare e minacciati di svariati anni di prigione, i due film non potrebbero essere più diversi.
Se in Taxi il tono era a volte leggero, quasi scherzoso (la nipotina aspirante cineasta, il pusher di DVD contrabbandati) sul tema della difficoltà e quasi impossibilità di fare cinema o in genere arte nell’Iran odierno, al contrario There is No Evil è un pugno nello stomaco; è si un film sulla pena di morte (l’Iran è secondo solo alla Cina per numero di sentenze, circa 500, eseguite ogni anno) ma anche, più in generale, sulla responsabilità morale dell’individuo e sulla possibilità di rifiutarsi di ubbidire ad un ordine ingiusto. Così difficile in un paese dove l’accesso a una professione in genere e ad una vita agiata o anche solo normale è subordinata alla completa acquiescenza alle direttive statali. Ed e questo evidentemente anche il dilemma di quelli come loro, gli artisti, obbligati a rinunciare a trattare argomenti scomodi per il regime, pena l’esilio il carcere o la proibizione di lavorare.
I quattro protagonisti del film (quattro come gli episodi in cui è articolato, anche perché, come ha spiegato il regista in conferenza stampa, fingere di girare quattro cortometraggi era l’unico modo per ingannare la censura!) si comportano di fronte al quesito in maniera diversa ma sempre forse degna di pietà. Il titolo stesso Non c’è nulla di male va inteso in maniera ironica; è il tipo di risposta, assieme a “eseguivo degli ordini” o “se non lo facevo io lo avrebbe fatto qualcun altro” che da sempre l’essere umano tende a darsi quando messo di fronte a una azione moralmente sbagliata.
Così nel primo episodio seguiamo il protagonista Hesmat (funzionario agiato con moglie e figlia, bella casa, bella macchina) nella sua quotidianità; va a fare la spesa, va in banca, visita la vecchia madre, si prepara ad uscire a cena. Una persona per bene, normale. Solo nell’ultima, quasi inguardabile, inquadratura capiamo quale è la sua funzione, il lavoro a cui si reca ogni mattina: tirare la manovella, schiacciare il bottone per l’impiccagione dei dissidenti nella locale prigione.
Nel secondo episodio, il più vivace e movimentato, siamo in un carcere militare dove uno dei giovani coscritti è stato scelto per eseguire una condanna a morte. Ma lui non ci sta e decide di tentare la fuga, pur sapendo di compromettere cosi ogni speranza di libertà e di una vita futura. La scena finale (lui in macchina con la fidanzata ascoltano “Bella ciao”) bisogna dire che, per quanto irrealistica e anche un po’ retorica, è di estrema efficacia!
La terza e quarta parte sono entrambe ambientate in campagna. Nella prima un giovane soldato va a trovare la ragazza al paese, ma capiamo subito che sarà per rivelarle un terribile segreto: anche lui non ha saputo dire di no. Nell’ultima infine è un anziano padre, medico, il quale convoca la nipote, da tempo abitante in Germania, per raccontarle, prima di morire, qualcosa che gli pesa sulla coscienza. Più deboli dei precedenti, questi due episodi si valgono però della ambientazione rurale, con richiami evidenti alla tradizione di Kiarostami, nei campi lunghi, i dialoghi in macchina, i paesaggi a perdita d’occhio. E l’appello neanche tanto nascosto alla natura come luogo ideale per sfuggire alla pressione ideologica e poliziesca della città e godere di una parvenza di libertà.
Nonostante la durata forse eccessiva (due ore e mezza) There is No Evil è un film ispirato, importante, che trasmette qualcosa di profondo allo spettatore. Un premio meritato e, nell’impossibilità di Rasoulof di viaggiare all’estero, il trofeo è stato ritirato dalla figlia. Il film uscirà in Italia distribuito da Satine, speriamo in un tempo ragionevole.
Giovanni Martini – MCmagazine 57