Uno psicosociologo arriva sulla stazione spaziale in orbita attorno al pianeta Solaris per indagare sui misteriosi fenomeni che vi avvengono e che coinvolgono gli scienziati a bordo: su Solaris c’è un oceano che pensa… Un’avventura della coscienza più che della conoscenza, in cui il cosmo corrisponde al subconscio umano e la realtà si fonde con le proiezioni della memoria. Un’opera di fantacoscienza dal potere ipnotico.
URSS 1972 (167′)
Dal romanzo (1961) del polacco Stanislaw Lem, eminente fautore della problematica del dubbio nella fantascienza,il terzo film di A. Tarkovskij è un’avventura della coscienza più che della conoscenza, un’opera di fantacoscienza (C. Cosulich) in cui il cosmo corrisponde al subconscio umano: su Solaris gli astronauti sono alle prese con gli “ospiti” del proprio passato, proiezioni materializzate della loro memoria e del loro inconscio. Angoscioso, ossessivo nel suo ritmo lento, enigmatico, il film ha un potere ipnotico che inchioda lo spettatore allo schermo con immagini che non si erano mai viste nel cinema, di fantascienza e non. Curata da Dacia Maraini, la prima uscita dell’edizione italiana fu mutilata di più di mezz’ora, priva del lungo prologo a terra (inesistente nel romanzo) cui l’autore teneva molto.
Il Morandini – dizionario dei film
Lo scienziato Kris Kelvin (Donatas Banionis) viene incaricato di raggiungere la base orbitante vicino al pianeta Solaris ma, una volta arrivato, si trova di fronte qualcosa che non avrebbe mai potuto prevedere: le radiazioni materializzano esseri umani morti da tempo e Kelvin ritrova l’amata Chari (Natal’ja Bondarčuk), suicidatasi anni prima. Quella che è stata lanciata come “la risposta sovietica a 2001: Odissea nello spazio (1968)” si è rivelata una delle più importanti pellicole della seconda metà del Novecento, e uno degli apici della carriera di Andrej Tarkovskij.
Il regista prende spunto da un romanzo di Stanislaw Lem, adattato per lo schermo insieme a Fridrik Gorenštein, per dare vita a una delle sue opere più ambiziose, magnetiche, ipnotiche. Attraverso una struttura drammaturgica a spirale, che richiama le onde dell’oceano di Solaris, Tarkovskij ci proietta dentro un profondo dibattito morale, che mette a confronto scienza ed etica, filosofia e senso concreto. Tutte categorie rappresentate dai tre scienziati che si muovono in un’astronave ormai trasformata negli abissi del loro inconscio: vittime delle proprie pulsioni, scabrose o affettive che siano, gli uomini sono messi a nudo di fronte a se stessi e a un pianeta che funge da specchio della loro anima. Riflessioni accompagnate da una magnificenza estetica che raramente il cinema ha raggiunto prima: senza cali, dalla prima all’ultima inquadratura si tocca il sublime e si finisce per rabbrividire di fronte alle vette che la settima arte può toccare. Tarkovskij alterna colori e bianco e nero con grande forza espressiva, cita la pittura di Bruegel il Vecchio (Cacciatori nella neve) e sfrutta al meglio le partiture di Johann Sebastian Bach (Preludio corale in fa minore), facendole danzare in un monumentale balletto audiovisivo. Le sequenze memorabili non si contano, ma la scena della levitazione, quella finale e il primo momento in cui Chari si guarda allo specchio fanno venire la pelle d’oca a ogni visione. Il risultato finale è un viaggio negli spazi siderali dell’universo che ha come ultima fermata l’essere umano, con le sue ossessioni e le sue paure, con i suoi ricordi del passato e i suoi timori del futuro. Massacrato dal distributore italiano Dino De Laurentiis, che tagliò tutta la fondamentale prima parte ambientata sulla Terra: fortunatamente l’edizione in dvd gode della versione integrale. Presentato al Festival di Cannes, dove vinse il Premio speciale della giuria. Nel 2002, Steven Soderbergh ha realizzato una nuova versione cinematografica del romanzo di Lem..
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