Roubaix, una notte di Natale. Il commissario Daoud gira per la città che lo ha visto crescere. Auto bruciate, alterchi … Alla stazione di polizia è appena arrivato Louis, un neo-laureato. Daoud e Louis affronteranno l’omicidio di una vecchia signora. Due giovani donne sono sotto accusa: Claude e Marie. Povere, alcolizzate, innamorate… Il polar di Desplechin diventa a suo modo un kammerspiel che viaggia più sui pensieri che sulle azioni, intento più alla misericordia che alla condanna. Un percorso investigativo di dolorosa umanità.
Francia 2019 (119′)
Film della Critica – SNCCI
Andate a vedere Roubaix, une lumière: è un film bellissimo. Parla di una città, delle sue strade, delle sue case e di quello che ci vive dentro, dei suoi abitanti, della sua povertà, della sua disgraziata quotidianità dove si finisce più spesso al commissariato di polizia che dal panettiere. Roubaix, a due passi dal confine con il Belgio, non è solo conosciuta per essere il terminale di una delle corse ciclistiche più importanti del mondo, ma anche per essere il luogo dove avvengono in percentuale crimini come in nessun altro posto della Francia. A Roubaix, città austera e violenta come si dice nel film, il regista Arnaud Desplechin, autore tra i più significativi del cinema d’oggi d’Oltralpe, ci è nato e ha speso l’infanzia. La conosce benissimo. Per parlare di Roubaix, praticamente non la mostra. Qualche vicolo, un paio di strade notturne, una macchina incendiata, le risse nelle case, un’esplosione nella notte, l’omicidio di una donna anziana: insomma, il suo pulsante cuore malato.
Qui vive il commissario Daoud (Roschdy Zem), di origine algerina, che come il regista ha vissuto tutta la sua vita in quei quartieri. È un uomo che si fida delle sue sensazioni, imparate a vivere in mezzo alla gente fin da piccolo. È un po’ la memoria storica della città: conosce tutti, specialmente i più pericolosi. Ha i suoi problemi: la famiglia, un nipote in carcere, sa come muoversi tra il bene e, più spesso, il male. Lo affianca Louis (Antoine Reinartz), giovane recluta che si trova subito in mezzo al caos. La morte di una anziana, la notte di Natale, porta i sospetti su due donne, che vivono assieme nello stesso vicolo della signora assassinata. Claude e Marie (Léa Seydoux e Sara Forestier) finiscono sotto interrogatorio per ore. Desplechin ne segue minuziosamente tutto il percorso, nei suoi inganni per ottenere una confessione, nei continui ribaltamenti di dichiararsi innocenti, complici, colpevoli. Quando il film, a metà durata, entra in queste stanze, non esce più: è come se Desplechin elevasse il suo poliziesco alla messinscena teorica della ricerca della Verità, dove l’elemento finzionale della rappresentazione suggerisce come il cinema indaghi la vita, il mondo, entrando dentro il reale, per stabilire, come il commissario Daoud in effetti fa, il percorso doloroso di una umanità, più che una colpevolezza lampante e necessaria al fine di chiudere le indagini. A suo modo diventa un kammerspiel che viaggia più sui pensieri che sulle azioni, intento più alla misericordia (Oh, mercy! è il titolo internazionale del film), che alla condanna.
Ispirato a un fatto di cronaca, già all’origine del documentario Roubaix, commissariat central di Mosco Boucault (2008), il film di Desplechin è scritto, diretto e recitato in modo entusiasmante. Uno dei film dell’anno, non perdetelo.
Adriano De Grandis – Il Gazzettino
Un commissario esperto e compassionevole. Due donne amanti e forse assassine. Una città, terra desolata e impoverita, filmata con toni lividi e notturni. Un polar dai tanti mosso però da un sentimento di pietà verso vittime e carnefici, quasi sconsolato nell’attestare i vari tentativi della ragione di rendere comprensibile il caos della realtà.