Mio fratello rincorre i dinosauri

Stefano Cipani

Jack fin da piccolo ha creduto alla tenera bugia raccontatagli dai genitori, ovvero che Gio, suo fratello, fosse un bambino “speciale”, dotato, come un eroe dei fumetti, di superpoteri. Ma con il passare del tempo Gio, affetto in realtà dalla sindrome di Down, diventa per suo fratello un segreto da non svelare… Tratto dal bestseller di Giacomo Mazzariol il film dedica uno sguardo ingenuo e sensibile al percorso di formazione del giovane Jack offrendo al pubblico una piccola, sorridente lezione d’amore.

Italia/Spagna 2019 (100′)
Premio European Film Young Audience Award 2020

Stefano Cipani dirige l’adattamento del libro di Giacomo Mazzariol, Mio fratello rincorre i dinosauri, evento speciale nelle Giornate degli Autori di Venezia76: una storia vera potente, umana, che prende le mosse da una colpa fondamentale, una vergogna inconfessabile, quella di un ragazzo che mente per nascondere un fratello, Gio (Lorenzo Sisto), con la sindrome di Down. Non comprende nemmeno quanto profondamente il suo gesto cambierà la sua stessa vita, il Giacomo, anzi “Jack” (Francesco Gheghi) protagonista, che per il resto dell’avventura si barcamena tra amicizie, affetti e un’adolescenza appena cominciata e già, apparentemente, insormontabile.
La morale è che, sì, da una bugia non si torna indietro, o almeno non si torna indietro indenni, ma si può imparare molto più di qualcosa, con il coraggio necessario ad affrontarne le conseguenze. La prova attoriale è un coro tutto sommato armonico, seppure senza picchi, forte dei suoi due numi tutelari: Alessandro Gassmann e Isabella Ragonese, padrino e madrina di una famiglia cinematografica, scandiscono una vicenda delicata quanto disinvolta nel trattare con la giusta ironia temi complessi e troppo spesso travisati. Il rapporto tra i due fratelli, peraltro non fratelli unici ma, drammaturgicamente, come se lo fossero, è lo snodo centrale del film. Ma ci sono altri petali su questo fiore, e proprio di questa varietà la regia si impreziosisce, facendone leggerezza…

Andrea Giovane – cinematografo.it


C
i sono film che vanno presi per quello che sono. Il rischio è infatti quello di caricarli di aspettative personali e di perdere per strada l’obiettivo che si sono posti e che sono in grado di raggiungere, anche se in modo imperfetto. È il caso dell’opera prima di Stefano Cipani, costruita con il chiaro intento di divertire e sensibilizzare. Il film è la trasposizione dell’omonimo romanzo autobiografico di Giacomo Mazzariol, un vero e proprio caso editoriale, molto amato dagli adolescenti e quasi un must nelle scuole, dove è tra i più diffusi e letti. Quello che il film sembra cercare, e in parte riesce a trovare, è una complicità con lo spettatore attraverso l’intreccio delle dinamiche di un nutrito nucleo familiare con il percorso di formazione del giovane Jack, prima bimbetto e poi ragazzino, alle prese con la fatica di crescere. La sua vita cambia radicalmente quando alle due sorelle maggiori si unisce un fratellino, il piccolo Giovanni detto Gio, che nasce con la sindrome di Down. La sua peculiarità viene vissuta e trasmessa a livello familiare come qualcosa di speciale, e infatti Jack all’inizio lo vede come un supereroe ed è affascinato dalla sua capacità di distinguersi dagli altri e di fare cose originali. Crescendo, però, le cose cambiano. Il confronto con il mondo esterno accentua infatti paure e insicurezze e il bisogno di essere accettati passa attraverso la necessità di omologarsi alla maggioranza e di rendersi il più possibile “normale”, quindi invisibile.

Impegnativo, con questa percezione della realtà, fare posto all’esuberanza fuori controllo di Gio e così Jack arriva a negare l’esistenza del fratello down fra i nuovi compagni di scuola raccontando che è morto. Il timore è quello di finire tra gli esclusi, di essere emarginato, preso in giro, di non conquistare la ragazza che gli piace. Il tutto filtrato dal suo punto di vista, voce narrante e sguardo attraverso cui osserviamo con verve e ironia lo svolgersi della vicenda. L’aspetto più interessante dell’opera non è tanto il messaggio a favore della diversità, posto in modo non così problematico e a stretto confine con lo slogan, quanto il percorso di crescita di Jack che fa una scelta sbagliata, da cui non può tornare indietro, e deve assumersene la responsabilità e affrontarne le conseguenze. Tutto molto pedagogico, lineare e messo in scena senza troppe sfumature, ma anche scorrevole e immediato…

Luca Baroncini – spietati.it

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