Will Lockhart porta a Coronado, New Mexico, un carico di mercanzia per il negozio di stoffe di Barbara, nipote del proprietario terriero Alec Waggoman. In realtà è spinto da un desiderio di vendetta e dall’urgenza di scoprire chi abbia fornito agli Apache quelle armi che hanno loro permesso di annientare il distaccamento militare a cui apparteneva il fratello. Consegnata la merce si trova però costretto a subire i violenti soprusi di Dave, figlio di Waggoman. Il suo ranch si delinea come fulcro del racconto: lì Dave è affiancato da Vic, il fattore che gode della fiducia del padrone e ha anche il compito di tamponare le brutali intemperanze del figlio; e la proprietaria del ranch vicino, è l’anziana ex fidanzata di Alec, la quale cerca di placare gli animi e accoglie e cura Will che tutti invece invitano a lasciare il paese. Il nodo risolutivo passa attraverso la scoperta che i responsabili del traffico d’armi sono Alec e Vic; questi arriva ad uccidere il socio e a far cadere in un dirupo il vecchio Alec, ormai quasi cieco, ma non può impedire che Will distrugga il carico d’armi. Così la vendetta passa di mano: saranno gli Apache a punire Vic e Will potrà tornare alla sua Laramie, dove forse lo raggiungerà Barbara.
The Man From Laramie
USA 1955 (104′)
L’opera più matura e forse più ambiziosa che Anthony Mann ha affidato al suo alfiere James Stewart. Libera interpretazione di Re Lear (per dichiarazione dello stesso Mann) con tanto di sogno premonitore e figure ereditarie ben delineate (il figlio di sangue, Dave – quello adottivo, Vic – quello “estraneo”, Will), L’uomo di Laramie ha la dimensione della tragedia classica e la linearità dettata dai cliché canonici del western. Al tormento del vecchio latifondista, che “non vede” sbocchi per l’iraconda voglia di affermazione del figlio, corrisponde il testardo rifiuto da parte di Will di assumere un ruolo risolutorio nelle dispute terriere. E se la presenza ostile degli indiani diventa la chiave di volta per portare alla luce le colpe a cui è indirizzato il desiderio di vendetta di Will, la due presenze femminili (Barbara e Kate) riempiono ambienti e sentimenti di una memorabile pacatezza. E Mann sa coreografare il tutto con il tessuto dei contrasti cromatici (il bianco delle saline e il nero dei carri bruciati, il rosso del sangue e del fuoco) e con l'”apertura” degli spazi che il cinemascope gli concede: i protagonisti allargano i loro sguardi su una dimensione che li rende più umani, l’impeto delle loro cavalcate sembra estendersi oltre il rettangolo dello schermo.
Dall’asciuttezza di Winchester ’73 a qui l’epopea cruda e sofferta del western di Anthony Mann si configura come una pietra miliare del genere.
FRASI:
“L’odio è una gran brutta cosa e poi non porta a niente”
Will: “A me sembra di essere nato sempre dove sono“
SEQUENZE:
Will preso al lazo e trascinato
il colpo di pistola sulla mano
la distruzione del carro e la vendetta degli Apaches
NOTA: di nuovo, come in Terra lontana, il protagonista si ritrova con la mano destra ferita