Zack, un ragazzo con la sindrome di Down, fugge di casa per realizzare il suo sogno: diventare un wrestler. Lo accompagnerà nel suo viaggio Tyler, un piccolo delinquente che diventa il suo allenatore. Un’interessante opera d’esordio, un tenero racconto popolare in stile Mark Twain, sentimentale e divertente.
USA 2019 (97′)
Zak ha solo 22 anni ma vive in una casa di cura per anziani in North Carolina, a cui è stato assegnato dallo stato perché senza famiglia e affetto dalla sindrome di Down. Zak però non ci sta, ed è determinato a scappare dalle cure di Eleanor, responsabile dell’istituto, con l’aiuto dell’amico Carl. Quando finalmente il ragazzo riesce a darsi alla fuga, il destino lo mette sul cammino di Tyler, pescatore di granchi inseguito da un compratore a cui deve dei soldi. Brusco e tormentato, Tyler si prende però cura di Zak e decide di portarlo con sé nel suo viaggio verso la Florida, facendo tappa alla scuola di wrestling dove Zak spera di incontrare il suo idolo Salt Water Redneck.
L’esordio alla regia di Tyler Nilson e Michael Schwartz è un tenero racconto popolare in stile Mark Twain, ambientato nella periferia costale e anfibia del sud degli Stati Uniti, in bilico tra la favola picaresca e il realismo povero. Completamente costruita attorno alla figura di Zack Gottsagen, un ragazzo con la sindrome di Down che i registi conoscono da tempo e che volevano aiutare a diventare attore, la storia ha una purezza semplice che con pochi mezzi e tanto cuore costruisce un rapporto autentico tra i due protagonisti.
Gottsagen investe il personaggio di Zak di una fisicità voluminosa e di tempi comici che a più riprese regalano sorrisi, trovando in un attore intenso come Shia Labeouf un contraltare perfetto per generosità e dinamismo. Sporchi, sudati e senza un centesimo, i due si incamminano verso sud lungo la costa, vestiti di stracci quando non addirittura ridotti in mutande, schivando la minaccia di chi gli vuole male (un sempre ottimo John Hawkes) e invitando “a bordo” chi gli vuole bene, come Eleanor, a cui Dakota Johnson dona tutta la sua incredulità un po’ ironica. È un mondo in cui le istituzioni sono lontane, le famiglie disintegrate, e le improbabili scuole di wrestling chiuse da anni: c’è solo un’umanità – e in particolare una mascolinità – da ricostruire pezzo per pezzo. Mattoni grezzi ma efficaci, che aiutano a scoprirsi “uno dei buoni” e a elaborare il senso di colpa verso i fratelli maggiori.
In viaggio verso un sogno si muove sicuro tra i fondali bassi, certo di dove sia il sentiero narrativo più giusto. Lo aiutano una serie di comparsate notevoli: detto di Hawkes, ci sono momenti gustosi per Bruce Dern, Thomas Haden Church e un Jon Bernthal il quale, non per la prima volta, mette la presenza scenica al servizio di piccoli frammenti e flashback che migliorano un film. Un “buddy movie” sentimentale e divertente che non può comunque prescindere da Zack Gottsagen e dall’importanza di vederlo sullo schermo in un ruolo del genere, nella speranza che film così aprano sempre più porte alla diversità di rappresentazione.
Tommaso Tocci – mymovies.it