Sebbene i quattro inattesi Oscar a Parasite (Bong Joon-ho, 2019) abbiano sancito, quantomeno a livello mediatico, il riscatto di una cinematografia sinora fin troppo ignorata dalla nostra distribuzione, non vi era certo bisogno di attendere gli esiti della kermesse losangelina per decretare l’indiscusso valore di un’industria, quella sudcoreana, che, in appena un ventennio, ha saputo affrancarsi dalla dipendenza dalle produzioni estere per affermare la vastità e la ricchezza di una ispirazione che ha pochi eguali nell’orizzonte del cinema contemporaneo. Al cinefilo spaesato che volesse approfondire non una qualche valida cinematografia, ma “la” cinematografia del nostro tempo, non dubiteremmo, allora, di raccomandare quella sudcoreana. Se, poi, il medesimo cinefilo spingesse la sua curiosità al punto di esigere una lista ordinata di nomi e titoli, eccoci d’un tratto nei guai. Parte di tanta ricchezza risiede, infatti, nel deliberato amalgama di istanze divergenti, nel ricombinarsi di spunti di genere e costrutti autoriali, in un dialogo incessante tra le pressioni dell’industria e le spinte della più libera immaginazione.
Sebbene si possa tracciare una comoda linea di demarcazione tra cinema di consumo e cinema d’arte nell’industria coreana – per cui il celebrato zombie-movie Train to Busan (Yeon Sang-ho, 2016) pertiene alla prima categoria e l’ascetico Primavera, Estate, Autunno, Inverno… e ancora Primavera (Kim Ki-duk, 2003) alla seconda – è altresì indubbia l’inclinazione a un reciproco sconfinamento. E se, da un lato, i codici del genere – poliziesco, horror, commedia, azione – informano la messa in scena di soggetti ambiziosi e fortemente personali, dall’altro il ricorso a fantasiosi virtuosismi e la cura dei caratteri infondono un insolito spessore anche agli intrecci più popolari.
Impresa donchisciottesca, dunque, quella di circoscrivere nel breve spazio di una rassegna un campione di titoli che dia ragione di una cinematografia tanto vasta. Senza alcuna pretesa di esaustività, i quattro film in rassegna (Lady Vendetta, Time, Madre, Poetry) hanno lo scopo di introdurre lo spettatore alla varietà di forme, stili e influenze dell’odierno cinema di Seul, accostando a nomi da tempo celebrati nei maggiori festival internazionali, altri di più recente affermazione.
Matteo Pernini – mcmagazine 54 >>