Un uomo, rimasto vedovo della moglie suicida, si aggira per Parigi in preda a una irrefrenabile malinconia, dovuta, oltre che alla perdita della sua compagna, a un passato confuso e alla perdita della giovinezza. L’incontro con una giovanissima ragazza borghese e il loro fulmineo rapporto sessuale cambierà la vita di entrambi. Ma l’uomo sembra imprigionato in una sorta di ossessione erotica, che solo in un primo tempo è condivisa dalla giovane. Quando scemerà l’interesse della ragazza per quel rapporto senza futuro, questa ucciderà il suo amante. L’opera più celebre, discussa e controversa di Bertolucci, pessimista e perversa , ma vitalizzata da un talento registico indiscusso che con la musicale mobilità della cinepresa sa legare spazio, personaggi, oggetti e décor.
Italia/Francia 1972 – 2h 12′
Un americano di mezza età vedovo da poche ore e una giovane parigina si rinchiudono per fare l’amore in un appartamento vuoto di Passy che è caverna primitiva, cella d’isolamento, zattera per naufraghi. Epilogo sanguinoso.
Osannato o disprezzato (sequestrato, condannato “al rogo”, liberato negli anni ’80), questo film “scandaloso” suggerisce con violenza di prendere sul serio (sul tragico) la verità dell’erotismo. Contribuiscono al risultato la luce di Storaro e le musiche di Gato Barbieri per un irripetibile Brando, guidato dal talento di un regista che con la musicale mobilità della cinepresa lega spazio, personaggi, oggetti e décor . Ebbe 14 milioni di spettatori, compresi quelli della riedizione Titanus del 1987. Messo in onda il 21-9-1988 su Canale 5, scorciato di circa 3 minuti. Le sue vicissitudini giudiziarie durarono un quindicennio fino alla sentenza di non oscenità del 9-2-1987 che non cancellò ma scavalcò la sentenza della Cassazione del 29-1-1976 con la cosiddetta condanna “al rogo”. “A Ultimo tango è successo di tutto e ha fatto succedere tutto” (T. Sanguineti)..
Il Morandini – dizionario dei film
Due sconosciuti, l’americano Paul (Marlon Brando), maturo e depresso dopo il suicidio della moglie, e la francese Jeanne (Maria Schneider), giovane e sofisticata corteggiata da uno spiantato regista (Jean-Pierre Lèaud), si ritrovano in un appartamento di Parigi e improvvisamente fanno l’amore. L’uomo e la ragazza affittano l’abitazione dove iniziano una rovente storia di sesso e stringono un patto: si incontreranno senza sapere nulla l’uno dell’altra, nemmeno i rispettivi nomi.
Il film più celebre, discusso e controverso di Bernardo Bertolucci, nonché l’opera più pessimista del regista parmense. Il profondo disagio esistenziale dei due protagonisti viene sublimato attraverso il sesso che, nella sua forma più libera e sostanzialmente perversa, è contemporaneamente strumento di ribellione e annichilimento di se stessi. Il sesso declinato dunque come ultima possibilità espressiva di una vitalità che va esaurendosi, come negazione di un male di vivere straziante e come abbandono delle inibizioni e convenzioni borghesi. L’isolamento in un appartamento sfitto e la scelta di costruire un rapporto sull’anonimato e quasi esclusivamente sull’attrazione fisica denotano un’inquietudine e un’insofferenza verso le regole di una società percepita come elemento alieno e distante. Ma il gioco costruito dai due amanti non può sopravvivere al di là delle quattro mura e il confronto con la realtà, che preclude pulsioni inconfessabili e ingabbia le libertà più sfrenate, è inevitabile. Un’illusione confinata in un limbo spaziale dove eros e thanatos si incontrano (in una dinamica di attrazione e repulsione sia per il sesso che per la morte) ma non è sufficiente per sfuggire lo squallore e le frustrazioni quotidiane. Confezione formale sontuosa (grazie anche alla fotografia di Vittorio Storaro e alla colonna sonora jazz di Gato Barbieri) e grandiosa la prova dolente e feroce di Marlon Brando, ma la fragile (e sfortunata) Maria Schneider non è da meno. Grande scandalo all’uscita del film in Italia per via delle scene di sesso esplicito, in particolare quella in cui Paul sodomizza Jeanne dopo averle lubrificato il retto con del burro. La pellicola fu sequestrata dalla censura, condannata al rogo e poi riabilitata con sentenza di non oscenità nel 1987 e quello stesso anno fu rieditata. Opera entrata nell’immaginario collettivo, spesso citata, omaggiata e anche parodiata…