Non è stata facile la vita di Vincent (sedici anni, autistico) affidata alle amorevoli cure della madre e del padre adottivo. Willi, il padre naturale, è un cantante girovago e una sera qualsiasi trova finalmente il coraggio di andare a conoscere Vincent e si troverà coinvolto in emozionante avventura che li porterà lungo le strade deserte dei Balcani. Tutti i protagonisti di questa storia a di umanità e speranze avranno modo di scoprirsi a vicenda… Un “feel good movie” che non ha paura di mostrarsi tale e in cui Salvatores ritrova le sue radici e si reinventa in un road movie potente ed empatico.
Italia 2019 (97′)
…Tutto il mio folle amore prende il titolo da un verso della canzone di Domenico Modugno “Cosa sono le nuvole”, a sua volta titolo dell’episodio di Capriccio all’italiana diretto da Pier Paolo Pasolini. Anche qui i protagonisti sono marionette del destino: Willi, Elena e Mario vengono infatti manovrati da Vincent che li trascina in un’avventura picaresca tra Slovenia e Croazia, impedendo loro di adagiarsi su una quotidianità fino a quel momento accettata come immutabile. Per Gabriele Salvatores si tratta di un ritorno al road movie (Marrakech Express), suo genere del cuore, e del recupero di una libertà espressiva che, come in passato, prende la forma del viaggio iniziatico. Tutto il mio folle amore nasce dal romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas, che a sua volta nasceva dalla storia vera di un padre e il suo figlio autistico in viaggio attraverso le Americhe.
Nel film di Salvatores l’America è molto più vicina e la malattia di Vincent non ha nome, ma comporta momenti imbarazzanti, sbalzi di umore, entusiasmi incontenibili e brusche frenate: non solo da parte del ragazzo ma anche di un padre che non ha mai voluto (o saputo) diventare adulto. Willi è “strano” tanto quanto Vincent, e a ben guardare è “strana” anche Elena, da cui il figlio ha ereditato non soltanto il bel viso. L’unico “normale” sembra essere Mario che però, con la sua concretezza meneghina, è ben cosciente che la “stranezza” arricchisce la sua vita altrimenti monotona, anche perché per mestiere – fa l’editore letterario – è sempre in cerca di un’originalità autentica nel raccontarsi.
Il viaggio di Vincent e Willi, e quello di Elena e Mario che li inseguono, va a demolire abitudini e preconcetti e apre la via a nuove geometrie affettive ed esistenziali. Con l’aiuto degli sceneggiatori Umberto Contarello e Sara Mosetti (che sospettiamo essere responsabile per la geniale virata finale del personaggio di Elena) Salvatores racconta questa “fuga in avanti” con grazia ed empatia, e le cadute nello stucchevole (che pure non mancano) sono compensate dalla cifra surreale del racconto e dal genuino entusiasmo di un regista che, alle soglie dei 70 anni, ritrova le sue radici cinematografiche e si reinventa, lasciandosi anche lui trascinare dalla fame di vita di Vincent.
La professionalità di Salvatores si mette dunque a servizio dell’imprevedibilità del suo protagonista e il trio di professionisti affermati che lo circonda (Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono)) fa generosamente da sponda alla sua energia vitale…
Paola Casella – mymovies.it