Dopo che la figlia sedicenne di David Kim scompare, viene aperta un’indagine locale e assegnato un detective al caso. Ma 37 ore dopo David decide di guardare in un luogo dove ancora nessuno aveva pensato di cercare, dove tutti i segreti vengono conservati: il laptop della figlia. In un thriller iper-moderno raccontato attraverso i dispositivi tecnologici che usiamo ogni giorno per comunicare, David deve rintracciare tutti i movimenti di sua figlia prima che scompaia per sempre. Ritmo incalzante e continue svolte narrative, spesso davvero inattese, grazie ad una sceneggiatura ricca di invenzioni. Searching è un esperimento filmico originale e coraggioso che sa articolare un uso brillante e innovativo delle nuove tecnologie.
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USA 2018 – 1h 41′
È il cinema al tempo della tecnologia social. E ancor di più al tempo dei budget risicati. L’unione delle due cose regala lo spunto creativo al regista e sceneggiatore Aneesh Chaganty, che con il thriller “via desktop” Searching diventa uno dei casi più intriganti e premiati dell’ultima edizione del Sundance Film Festival. Quella che è una struttura narrativa crime piuttosto ordinaria viene applicata a un esperimento curioso ed ambizioso, la sovrapposizione quasi scientifica dello schermo di un computer a quello cinematografico. Una gabbia un po’ claustrofobica, piena di possibilità ed insidie, da cui personaggi e chi guarda non escono per cento minuti.
La sparizione della sedicenne Margot, post-millennial, porta il suo apprensivo padre David (John Cho, Star Trek Beyond) ad improvvisarsi investigatore; l’uomo, con l’aiuto di una vera detective (Debra Messing), ricostruisce gli ultimi movimenti, contatti e decisioni della figlia nella notte fatidica. Come? Interamente attraverso il contenuto del laptop della ragazza, scandagliando conversazioni online, dirette streaming, profili dei suoi social media e quant’altro possa contenere un hard disk. Con il solo ausilio delle tracce informatiche, il puzzle si ricompone portando con sé (sorpresa!) qualche spunto e significato in più del previsto.
Era facile infatti figurarsi Searching come un esercizio originale ma fine a se stesso. Del resto, c’era già stato un tentativo simile, l’horror Unfriended (2014), riuscito dal punto di vista formale ma tendenzialmente insignificante da quello contenutistico. Searching evita la trappola spingendo il concetto a un livello superiore: le webcam non mostrano solo quello che avviene, ma anche quello che è accaduto e che accadrà dopo, trovando di volta in volta il modo di sprigionare, raccontare e mostrare le mosse che portano alla risoluzione del caso. E mentre ci si avvicina alla verità, guarda caso, essa diventa l’ultimo dei problemi. Quello vero è la distanza tra un padre e la figlia che pensava di conoscere, le sue zone d’ombra, i dolori e le insicurezze sparpagliate tra nickname, videochat ed emoticon. Linguaggi nuovi e talvolta geroglifici per una generazione sopra, sfumature quasi impercettibili di digital divide che si traducono in abissi di incomprensioni e reciproche mancanze.
È così che Chaganty, al suo primo lungo e con l’aiuto del co-sceneggiatore Sev Ohanian (già produttore di Fruitvale Station), nobilita il progetto. Che stupisce non tanto per il suo (tiepido) sbrogliarsi poliziesco, ma per il modo scorrevole e quasi mai didascalico con cui le schermate web si fanno narratrici rivelando i fantasmi dei protagonisti e l’irrisolvibile rebus della genitorialità. C’è anche tempo per qualche preziosismo satirico: nei confronti dei “leoni da tastiera”, di chi abusa della rete, di chi con parole, commenti sprezzanti e diffamazione, può fare danni complici e compatibili con quelli di orchi e malviventi.
Luca Zanovello – masedomani.com
David Kim è un vedovo americano di origini coreane la cui figlia adolescente Margot scompare improvvisamente senza lasciare traccia. O meglio: di tracce ne ha lasciate parecchie, ma sono tutte rinchiuse dentro al portatile che la ragazza ha inopinatamente lasciato a casa (particolare di per sé allarmante). Che cosa può fare un padre amorevole ma del tutto ignorante di ciò che riguarda la vita quotidiana e le amicizie della figlia per ritrovarla? Entrare nel suo computer, e ficcare il naso fra i suoi contatti e la sua cronologia web. Cosa che noi spettatori facciamo insieme a lui, perché la peculiarità di Searching, opera prima del regista americano di origine indiana Aneesh Chaganty, è che si svolge interamente sugli schermi di due portatili: prima quello di David e poi quello di Margot.
Ogni rivelazione della trama è anche un’apertura di pagina web; ogni evento ci appare in diretta attraverso un monitor, in streaming televisivo o spiato da una web camera. Searching è un esperimento filmico originale e coraggioso che prova ad inventarsi un linguaggio cinematografico non solo basato sulle nuove tecnologie, ma sul modo in cui quelle tecnologie ci hanno cambiato le vita, e sulle competenze che abbiamo acquisito, senza nemmeno rendercene conto, grazie (o a causa di) Internet, i social e ogni altro tipo di interazione virtuale. Nulla di tutto questo avrebbe troppa importanza se la storia raccontata non reggesse dal punto di vista drammaturgico. Per fortuna la ricerca affannosa e rocambolesca di David segue le orme del thriller vecchio stile, condito di necessari misteri, ambiguità e colpi di scena. Come ogni buon thriller, Searching trae inoltre origine da una paura fin troppo reale: ovvero che il computer dei nostri figli nasconda un universo parallelo pronto a trasformarsi in una foresta misteriosa dove i minori possono imbattersi nel lupo cattivo.
Chaganty e il suo cosceneggiatore Sev Ohanian, entrambi ex dipendenti di Google, inventano decine e decine di stratagemmi per ancorare la vicenda alle nuove tecnologie, ma è una storia che funzionerebbe anche se fosse raccontata in modo convenzionale. Certo, la sua originalità sta soprattutto nel modo in cui è narrata: è lì che risiede il divertimento per gli spettatori, non solo gli smanettoni che indubbiamente coglieranno molti più dettagli (e inside joke), ma anche gli utenti comuni, che si renderanno conto con una certa inquietudine di quanto siamo alfabetizzati in materia di password, app e click.
In modo più sottile, Chaganty racconta il suo essere un immigrato di seconda generazione, perché sceglie come protagonista una famiglia di origine coreana che, nella transizione da una cultura all’altra, ha smarrito le proprie radici (ancor più visto che ha perso il collegamento madre-figlia) ed è dunque maggiormente vulnerabile alle derive pericolose del Nuovo Mondo. A ben guardare, Searching è più un dramma famigliare e socioculturale che un thriller, non solo per David e Margot, ma anche per altri personaggi della storia.
Agile e velocissima come le nuove tecnologie, ironica e dissacrante come i giovani maghi del computer (Chaganty non arriva ai 30 anni), la regia di Searching attinge dichiaratamente al cinema noir classico e ai suoi più recenti aggiornamenti (uno per tutti: L’amore bugiardo – Gone Girl di David Fincher) e il montaggio di Will Merrick e Nick Johnson è un’altra eccellenza cinematografica oltre che tecnologica. Ma il cuore del film resta l’espressione addolorata e smarrita di David (John Cho) nell’apprendere, click dopo click, quanto poco sapesse di sua figlia.
Paola Casella – mymovies.it