Nel maggio del 2011, Nura Mohammad lascia il Bangladesh con suo figlio in cerca di stabilità e speranza. Dietro di lui il resto della famiglia, davanti Fahim, 8 anni e un talento per gli scacchi. Padre premuroso e protettivo, Nura omette al figlio le violenze che agitano il loro paese e giustifica la loro partenza con la promessa di fargli incontrare in occidente un grande maestro di scacchi. Ma arrivati in Francia le cose non sono così semplici e Fahim dovrà diventare Campione di Francia per poter restare nel Paese… Una commedia dall’ottimismo fiabesco che tiene in scacco l’emozione dello spettatore grazie ad una calibrata sceneggiatura e ad un cast (Depardieu in primis) perfettamente in parte.
Fahim
Francia 2019 (115′)
Qualcosa di meraviglioso (Fahim), scritto e diretto dal cinquantunenne marsigliese Martin-Laval a partire dal libro verità “Un re clandestino” (ediz. italiana Bompiani 2015) che ha furoreggiato a lungo nei media d’oltralpe prima di essere trasposto al cinema: si tratta di una commedia formalmente appena diligente che si fa, però, seguire dal primo all’ultimo fotogramma puntando molte delle sue carte su un argomento o meglio, una particolare disciplina sportiva (…) In questo caso al centro della parabola integrazionista c’è Fahim, fuggito dal tormentato Bangladesh insieme al padre a causa della fame e delle repressioni poliziesche e piovuto nello stordente macrocosmo della Ville Lumière. Grande promessa degli scacchi, il protagonista interpretato in scioltezza dal ragazzino bengali Ahmed viene iscritto non senza difficoltà alla scuola parigina del burbero e venerato maestro Sylvain – ricalcato con una misura apprezzata dagli esperti sulla reale figura del geniale Xavier Parmentier morto precocemente tre anni orsono – dove esprimerà la forza dello specifico talento supportata, per fortuna, da un carattere vispo e sbarazzino del tutto estraneo al robotico solipsismo dei bambini prodigio.
l sogno di partecipare e, perché no, di vincere ai campionati nazionali giovanili produce a questo punto due effetti divergenti nel fragile ma non floscio involucro drammaturgico: da una parte l’intensificarsi della retorica man mano che si corre verso il finale edificante, in cui peraltro il problema dei sans papier viene affrontato con una certa, prudente equità dall’ex ministro del centrodestra repubblicano Fillon; da un’altra, la possibilità per il regista di aggrapparsi alla debordante (in tutti i sensi) presenza di Depardieu, attore sempre meraviglioso che riesce a tenere sotto controllo ritmi collettivi e movimenti individuali e a conferire intensità persino alle schermaglie più prevedibili dei dialoghi. Un corpaccione che comunica l’impressione di potere volare, ogni volta che desidera, al di fuori della gabbia dello schermo per colpire al cuore lo spettatore senza abusare delle proprie inesauribili riserve di gigionismo vitalistico.
valeriocaprara.it