Svizzera 2019 (107′)
LOCARNO – In Iingua portoghese anche O fim do mondo, di Basil da Cunha, trentaquattrenne regista nato in Svizzera da genitori portoghesi ma abitante con la famiglia in quello stesso quartiere dove si svolge la vicenda. Molte le assonanze con Vitalina Varela, film vincitore del Festival.
Reboleira, come Fontainhas, è un quartiere degradato di Lisbona, popolato dal consueto miscuglio di immigrati africani, anche di seconda e terza generazione, e però in procinto di essere completamente raso al suolo dalla amministrazione comunale per far posto alla ennesima speculazione edilizia a base di shopping centers e edifici di lusso. È la cosiddetta ‘gentrificazione’, di cui sono vittime tutte le periferie del mondo…
Qui torna, dopo 8 (!) anni di riformatorio il giovane (e bellissimo) protagonista, Spira. Ritrova gli amici, Giovani e Chandi, ma non il padre (sembra emigrato in Olanda) e deve confrontarsi con l’ex amico Kikas, nel frattempo autonominatosi boss del quartiere, che gli fa capire che li non c’è più posto per lui. Nel barrio tutti, organizzati in baby gangs, spacciano, rubano, si prostituiscono, maltrattano i più deboli, nella vana ricerca di una via d’uscita, del colpo che li sistemi. Il ritratto che ne esce è quello di una generazione senza speranza, da fine del mondo appunto.
Spesso il film si dilunga, e quasi si perde, in dinamiche ovvie da New York di Scorsese, da Gomorra lusitana, per non dire da telefilm di consumo; l’incendio doloso, il cane impiccato, l’inseguimento notturno a folle velocità. Ma quello che salva da Cunha è la sua finissima mai comune cifra stilistica. Girato quasi tutto di notte, il film ha spesso toni da documentario (la scena del funerale): macchina da presa a spalla, attaccata ai corpi, ai volti emaciati, sofferti, veri dei personaggi. E d’altra parte gli attori, tutti non professionisti, sono gli stessi abitanti del quartiere.E soprattutto lo sguardo del regista è sempre pietoso, partecipe, si sente che in fondo sta parlando di sé, della sua realtà.
Il protagonista Spira è la vittima (non innocente) di una realtà senza vie d’uscita. E alla fine non troverà di meglio che mettersi alla guida di una ruspa che abbatte le case del quartiere…
Giovanni Martini – MCmagazine 52