Il racconto realistico ed elettrizzante degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid nel luglio del 1985 e di Freddie Mercury, celebre leader di una band che si è sempre presentata come una famiglia e che continua ancora oggi a ispirare gli outsider, i sognatori e gli appassionati di musica. Un biopic frastornante, tagliato per gli Oscar.
Gran Bretagna/USA 2018 (134′)
4 OSCAR: attore protagonista, montaggio, sonoro e montaggio sonoro
…Farrokh Bulsara, per gli amici Freddie Mercury, era un bravo ragazzo. E, vivaddio, il biopic dedicato alla sua vita non è il ritratto della solita star della musica, squartata da alcol e droga. Perennemente più di là che di qua. Certo la storia di the voice versione rock fa rima con quella dei Queen, gruppo affatto chiacchierato se non per la bisessualità del suo leader carismatico. Un sodalizio nato nei locali di Londra che poi ha scalato il successo grazie a brani diventati la colonna sonora dei nostri giorni da quarant’anni. Il racconto parte dalla famiglia di emigrati indiani, approdati in Inghilterra per il lavoro del padre, cassiere della Segreteria di Stato per le colonie. Ma il giovane Farrokh non era nato per lo studio e una carriera in doppiopetto e i genitori, pur a malincuore, hanno accettato l’indole di quel figlio dalla dentatura birichina e la voce inimitabile. Magnificamente interpretato dall’attore americano Rami Malek (Una notte al museo), di origini egiziane, il film – peraltro riuscitissimo – gioca di sponda con le canzoni più celebri del gruppo, formatosi dall’incontro dello stesso Freddie Mercury con il riccioluto Brian May e Roger Taylor, che nel ’71 hanno poi associato anche il bassista John Deacon. Inevitabile che le musiche – da Somebody to love a Bohemian rhapsody passando per Another one bites the dust, Radio Ga Ga, We are the champions e tutti i principali hit – alzino il tono e il livello del film e del racconto, interessante anche per il pregio di spiegare da quali intuizioni sono nati brani diventati popolari in tutto il mondo. Più sfumato il triste capitolo della malattia (Freddie Mercury fu uno dei primi nomi celebri morti di Aids all’inizio degli anni Novanta), mentre è evidente la sottolineatura del legame con Mary Austin, l’unica donna di cui s’innamorò e che detiene le sue ceneri. Il segreto della sua sepoltura. E i diritti di larghissima parte del suo ingente patrimonio. Di immensa suggestione e nostalgia le scene del Live Aid, erroneamente definito dal film l’ultimo concerto dei Queen.
Stefano Giani – Il Giornale