Il racconto della strenua ricerca della verità da parte di un famigliare di sopravvissuti alla Shoah. Yoel, studioso e ricercatore, vive in Austria. Deciso a bloccare una importante speculazione edilizia per dimostrare l’esistenza di una strage di ebrei dimenticata, finisce per diventare protagonista di un’indagine piena di tensione. Da un lato la battaglia legale contro un’importante famiglia di industriali, dall’altro i segreti sulla propria famiglia che Yoel inaspettatamente scopre facendo ricerche sui sopravvissuti, il silenzio sembra impossibile da spezzare ma non per un uomo incrollabilmente dedito alla ricerca della verità, anche a costo di rovinare la propria vita personale e professionale. Un’opera prima avvincente, che porta a interrogativi scomodi.
The Testament
Israele/Austria 2017 – 1h 31′
Yoel, un ricercatore ebreo che studia l’Olocausto, è nel mezzo di una battaglia legale, ampiamente ripresa dai media, contro interessi potenti in Austria. La questione riguarda un brutale massacro di ebrei, che ebbe luogo verso la fine della Seconda guerra mondiale, nel villaggio di Lendsdorf. Un’influente famiglia di industriali, sulle cui terre avvenne la strage, sta progettando di costruire un complesso immobiliare proprio in quel luogo. Nonostante le rivelazioni sempre più sconcertanti che emergono, Yoel insiste nella sua ricerca.
Sui concetti di verità e identità Amichai Greenberg costruisce un’opera prima avvincente, che porta a interrogativi scomodi. In ballo, ancora una volta, la pesante eredità storica dell’Olocausto, affrontata partendo da un episodio dimenticato e sottaciuto, fino a metterne in discussione la stessa esistenza. Greenberg prova quindi a mettere in scena quel muro invisibile di reticenza e negazionismo, mascherato da scetticismo, contro cui si scontra la tormentata figura di Yoel. La testardaggine di quest’ultimo è essenziale perché la verità si affermi incontrovertibilmente. Ma è il concetto stesso di verità a essere messo in gioco durante il processo, che conduce Yoel a rivelazioni sconcertanti sul proprio passato. Una ricalibrazione delle ragioni che hanno spinto il professore a perseguire la propria ricerca e che sono alla base della questione identitaria ebraica. Essere ebrei diviene una scelta di campo, la via più pericolosa ma più ammantata di giustizia nel caos che caratterizza gli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale.
Un’indagine svolta in maniera apparentemente tradizionale da Greenberg, alla stregua di un thriller, che nei momenti migliori ricorda una seduta di psicanalisi, una confessione sotto ipnosi di fronte a uno specchio a cui è impossibile mentire. Greenberg si affida ai meccanismi dell’indagine più classica, al colpo di scena, ai crescendo che conducono verso l’inevitabile risoluzione…
Emanuele Sacchi – mymovies.it
“Sono stato cresciuto con la consapevolezza che essere un ebreo osservante, nonché il figlio e nipote di sopravvissuti alla Shoah, rappresentasse le radici della mia esistenza, la vera essenza della mia identità: qualcosa di più grande di me e della vita stessa. Da bambino ero incantato dalle storie dei miei nonni sulla Shoah. Sono cresciuto tra storie eroiche, incredibili, in cui la vita e la morte erano separate da una linea sottile. Per me erano le migliori storie d’avventura che ci fossero. Ma la mia vita di tutti i giorni contrastava con questo dramma. Figlio di sopravvissuti della Shoah, sono cresciuto in una famiglia priva di emozioni, dove sentivo che mancava sempre qualcosa. Qualcosa di sfuggente, che rimaneva innominato. Questo enorme abisso mi ha lasciato senza parole. Il copione del film rappresenta il mio sforzo per penetrare attraverso i muri trasparenti del silenzio” (Amichai Greenberg)