Halla, è una donna che combatte da sola, con caparbietà e coraggio; armata di tutto punto compie spericolate azioni di sabotaggio contro le multinazionali che stanno devastando la sua terra, gli altipiani islandesi. Halla ha una gemella che affronta la vita in modo molto più ascetico ed entrambe a suo tempo hanno fatto richiesta di adozione, ora andata a buon fine. Ma per il momento la maternità di Halla sembra trovare difficoltà a potersi concretizzare, la donna elettrica non rinuncia all’azione… Un eco-thriller appassionante e paradossale, con una memorabile colonna sonora, stralunata e “live”.
Kona fer í stríð
Islanda/Francia/Ucraina 2018 – 1h 41′
Premio LUX del Parlamento Europeo
Un po’ commedia, un po’ eco-thriller, un po’ melodramma trattenuto, quello di Benedikt Erlingsson, sceneggiatore e regista, è un film stratificato ma mai pomposo, scanzonato eppure complesso. Al centro di tutto, più che la brava protagonista (un’icona della recitazione islandese), la Natura e il suo dominio, le sue priorità, e la voglia di raccontare un mondo dove la generosità e l’altruismo sono ancora possibili. Notevole l’intuizione di far apparire in scena a più riprese i musicisti che hanno scritto e suonano “live” la colonna sonora…
Federico Gironi – comingsoon.it
Halla è una donna single di circa cinquant’anni che dirige un piccolo coro nella verde ed educata Islanda. La sua esistenza quotidiana e insospettabile nasconde un segreto: Halla è infatti anche l’ecoterrorista a cui il governo e la stampa danno la caccia da mesi, per i ripetuti sabotaggi che ha compiuto contro le multinazionali siderurgiche che stanno attentando alla sua splendida terra. Halla, insomma, non resta in casa a farsi bombardare dalle notizie e dalle immagini catastrofiche che arrivano dalla televisione, esce, agisce e punta in alto, a salvare il mondo. Punta letteralmente in alto, scagliando le sue frecce contro l’industria nazionale per cercare di fare breccia nelle coscienze di politici e conterranei (…) Erlingsson scrive e dirige una storia tutta al femminile, nella quale il fisico e l’intensità espressiva di Hallora Geirharðsdóttir sono protagoniste assolute, addirittura raddoppiate dall’espediente narrativo della gemella di Halla, interpretata dalla stessa attrice. Ma la questione femminile è anche interna al racconto, nel richiamo della maternità, nelle metafore del ventre della terra, nel patto che lega le due sorelle e anche nella solitudine dell’impegno della protagonista, che però arriva allo spettatore in forma divertente e sentimentale, tra cellulari nascosti nel freezer, cugini di campagna, automobili dai colori improbabili e accanimento delle istituzioni e del destino contro un povero turista sudamericano. Piccola anticommedia della contemporaneità (…) La donna elettrica è una visione salutare e gradevolissima, che, sotto la confezione leggera, fa la sua dichiarazione al mondo attraverso il megafono del cinema (…) In questa operazione, di sdrammatizzazione da un lato ed eleganza del tocco, dall’altro, ha un ruolo fondamentale il disegno sonoro del film, sofisticato ed elettrizzante, con la messa in scena ritmica ed umoristica del trio di musicisti.
Marianna Cappi – mymovies.it
Chissà perché si è portati a considerare l’Islanda come un’isola felice dove i pochi abitanti formano tutti una grande famiglia. Ma la globalizzazione è arrivata anche sul tetto del mondo. E conservando ovviamente alcune peculiarità, l’Islanda non è poi così diversa dal resto dell’occidente. D’altronde ce lo aveva già detto, di recente, il film Passeri di Rúnar Rúnarsson. Come si capisce fin dalla prima sequenza della Donna elettrica di Benedikt Erlingsson, Halla (Halldóra Geirharðsdóttir) è una guerriera. Combatte le grandi industrie e il capitale che sta rovinando definitivamente il pianeta, violando tutte le possibili leggi ancestrali e universali che hanno reso possibile la vita sulla Terra. La sua missione e la sua identità segreta, che Halla nasconde dietro un nome di battaglia come i migliori supereroi, sono messe in discussione dalla notizia che la sua domanda di adottare un bambino è stata finalmente accettata. Impossibile conciliare la militanza ambientalista con la cura di una piccola orfana che arriva dall’Ucraina. Ma la vera minaccia ad Halla arriva dal governo che, aiutato da americani e cinesi, sta stringendo il cerchio intorno alla donna elettrica. La donna elettrica è un bellissimo film. Benedikt Erlingsson tiene insieme tutto, dai vichinghi alle strumentalizzazioni della politica e dei mezzi d’informazione, dall’Odissea ai droni. Con mestiere e qualche colpo di genio (come l’uso “attivo” della colonna sonora), il regista riesce a sintetizzare commedia, sentimenti, sequenze d’azione, thriller politico, riflessione sulle nostre origini, sul nostro futuro, sull’ambiente, sulla società occidentale…
Piero Zardo – L’internazionale
La signora, in nome e per conto dei verdi fanatici, usa arco e frecce contro i tralicci della rete elettrica. Così le fabbriche si fermano e può iniziare la decrescita felice che metterà in ginocchio gli sporchi capitalisti (…) La signora – si chiama Halla – mette il cellulare in frigorifero o nel microonde: il nemico sempre ascolta, in generale e in particolare quando girano volantini con la scritta “vogliamo distruggere l’industria siderurgica islandese”. La signora con addosso il maglione islandese jacquard – sull’isola nordica siamo, a spiegazione della lentezza e dell’umorismo gelido, sarà il clima – dimostra fantasia e ottima resistenza fisica. La inseguono con gli elicotteri, lei si nasconde nei carretti bestiame. La cercano con i droni, e lei sparisce nel torrente gelato. Lavora con la maschera di Nelson Mandela, per chiarire allo spettatore che ribellarsi è giusto. La matta ha una sorella gemella che invece di buttar giù i pali della luce rivolge l’arma offensiva dell’idealismo verso di sé. Ha fatto domanda per trascorrere due anni in un ashram di suo gradimento, ed è finalmente stata ammessa. La sabotatrice abbozza: è tipico dei fissati non avere nessuna pietà per le fissazioni altrui. Ha dato la disponibilità della sorella mediatrice per adottare una bambina ucraina cinquenne (foto, commozione, cambierà vita la matura ragazza con la fionda?). Un po’ di trama c’è, e il regista provvede anche a un accompagnamento musicale “dal vivo”, con l’orchestrina in scena, agli angoli della strada o dove ci sono solo licheni. Forse la categoria “film indipendentissimo che viene dal grande nord, con una donna ostinata che manda in cortocircuito la nazione” non è esattamente il genere che vi attira per trascorrere il sabato sera. Ma se questa fosse l’idea, l’algoritmo consiglierebbe La donna elettrica.
Mariarosa Mancuso – Il Foglio