C’è un uomo che da oltre 20 anni, da solo, cocciutamente, si dedica a una missione di portata universale: cercare, rintracciare, archiviare ed eseguire la musica composta nei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. È un italiano, il suo nome è Francesco Lotoro. La sua appassionata ricerca è diventata un film, un viaggio nel tempo, per combattere l’oblio e conservare la memoria degli uomini e delle donne che con la loro musica hanno saputo opporsi all’annientamento.
Francia/Italia 2016 – 74’
Da oltre vent’anni Francesco Lotoro ha un’unica missione: recuperare tutte le musiche composte nei campi di prigionia, restaurarle, trascriverle, catalogarle e infine eseguirle davanti ad un pubblico, o davanti a chi le ha create in condizioni disumane. Lotoro, pianista e compositore di Barletta, gira il mondo alla ricerca di ogni singolo rigo musicale recuperato dai lager nazisti ma anche dai gulag e dai più svariati luoghi di detenzione per permettere alla musica di sopravvivere all’orrore e a chi l’ha composta di trovare un ascolto, anche dopo la morte. Una ricerca ossessiva e capillare che, per ammissione dello stesso Lotoro, ha preso il 110% della sua vita, perché il pianista insiste per salvare tutta la “musica dei campi”: il suo obiettivo è la completezza non solo delle partiture recuperate, ma dell’attività di ogni singolo musicista prigioniero.
Dalla Polonia alla Francia, da Praga a Rio de Janeiro, quest’uomo a metà fra l’archeologo e il pioniere, fra il compositore e il detective, va in cerca di frammenti di carta igienica recuperati da un lager e scritti con una punta di carboncino, insegue i sempre più rari sopravvissuti ai campi di prigionia e tutti coloro che hanno dovuto trasformarsi in archivi musicali viventi per custodire quei canti e quelle melodie che non era consentito scrivere, ma solo mandare a memoria. E si adopera senza sosta per strappare all’oblio una produzione musicale immensa che ha trovato la sua espressione più alta nel momento più terribile dell’esperienza umana.
Il documentarista argentino Alexandre Valenti ha seguito Lotoro in giro per il mondo per raccontarne la storia straordinaria a metà fra il road movie e l’indagine investigativa, raccogliendo la testimonianza commovente degli incontri fra il musicista e chi è riuscito a portare la musica fuori dai lager: i pochi artisti sopravvissuti, ma anche i loro figli, coniugi, nipoti. Talvolta Valenti è sopraffatto dall’emozione e travolto da quella valanga umana che è Lotoro e la qualità filmica del documentario ne risente: qua e là si sarebbe potuto tagliare alcune scene, rendendo più agile e fruibile la narrazione cinematografica.
Ma la storia di Lotoro e della “musica dei campi” è così coinvolgente da non lasciare spazio a osservazioni asettiche sulla riuscita artistica del documentario: la lotta di questo Davide contro il Golia dell’oblio e di queste anime liriche contro la barbarie è così altamente rappresentativa della capacità di resistenza umana che, davanti a Maestro, possiamo solo restare incollati alla sedia e meravigliarci di come il massimo della creatività sia sopravvissuta al massimo dell’abiezione.
Paola Casella – mymovies.it