USA 2017 – 1h 48′
VENEZIA – Paul Schrader è preoccupato per l’America e si sente. Nel suo film candidato alla 74° Mostra del cinema di Venezia, First Reformed, il peso dell’angoscia è avvertibile fin dalle prime inquadrature e si concretizza nella crisi spirituale di un ex cappellano militare interpretato da Ethan Hawke.
Il protagonista, padre Toller, dopo la morte in Iraq del figlio, che lui stesso aveva spinto ad arruolarsi, cerca di tirare avanti facendo il parroco di una chiesetta storica, la “first reformed” appunto da cui prende il titolo il film, visitata più da turisti che da parrocchiani e prossima a festeggiare i 250 anni dalla fondazione.
Di giorno il reverendo riesce a controllare i suoi demoni, occupandosi delle incombenze per i preparativi dei festeggiamenti, sopportando la volgarità dei turisti che lo trattano come una guida, cercando di rispondere alle aspettative di chi gli chiede sostegno. Ma di notte, nella solitudine della sua stanza, la tensione interiore che lo tormenta esce allo scoperto e né la scrittura di un diario febbricitante né l’alcol che gli perfora lo stomaco riescono a placarla.
Grazie all’ ottimo lavoro sulle ellissi e sul montaggio, dopo il delirio della notte si torna alla normalità del giorno con un effetto per lo spettatore destabilizzante e tranquillizzante insieme. Ma la suspense provocata da ciò che sappiamo lavora… Colpisce sottilmente la dissonanza tra ciò che il protagonista dice, scrive e fa: così, con un ritmo davvero interessante di picchi e pause, la tensione sale lentamente. Al tentativo di controllo del protagonista corrisponde il rigore stilistico dell’immagine, avvertibile sin dalle prime inquadrature: cogliamo la geometria della messa in quadro nel formato 3/4, la fotografia fredda ed elegante di Alexander Dynan, la tensione del lento movimento di avvicinamento dal basso alla chiesa.
La discesa agli inferi del reverendo ha una improvvisa accelerazione quando si rivolgono a lui due giovani parrocchiani: Michel, attivista ecologista, ha una visione così cupa del futuro da rifiutarsi di far nascere il bambino che la sua ragazza, interpretata da Amanda Seyfried, aspetta. Padre Toller cerca di sostenere il ragazzo, ma facendolo mette a nudo il cuore del suo stesso problema: il rapporto tra la disperazione e la speranza. Quando la situazione precipita, il reverendo si trova ad approfondire le ragioni della causa ecologista, scoprendo responsabilità anche in chi gli è molto vicino. Tra la ottusa inconsapevolezza di chi lo circonda, egli inizia a perdere il controllo, fino al punto di progettare soluzioni estreme.
Il gioco tra controllo e esplosione – della disperazione, della rabbia, del desiderio – è uno degli aspetti più interessanti del film e ci ricorda che Schrader è lo sceneggiatore di Taxi driver. Lo stile trattenuto rende bene il tentativo di comprimere la marea che sale, grazie anche alla recitazione asciutta di Ethan Hawke, davvero in una delle sue prove migliori. E quando il reverendo va fuori controllo, anche lo stile del film ha delle impennate inaspettate. Fino all’epilogo, in cui la lacerazione interiore diventa visibile, terribilmente concreta, ma profondamente vera. Quando tutto concorre a farci disperare, in cosa ritrovare la speranza? Non bastano la ragione e le parole.
Licia Miolo – MCmagazine 43