1940. Erede designato al trono, l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando, durante una missione di rappresentanza voluta dal re Francesco Giuseppe, suo zio nonché segreto oppositore, conosce Sofia e se ne innamora… Ophuls conservando in superficie i toni della vicenda romantica, mette a nudo gli anacronismi che hanno dominato le famiglie regnanti e propone un’eneesima lettura dello scorrere inesorabile del tempo.
De Mayerling à Sarajevo
[b/n] Francia 1940 – 1h 35′
Erede designato al trono, l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando (John Lodge), durante una missione di rappresentanza voluta dal re Francesco Giuseppe, suo zio nonché segreto oppositore, conosce Sofia Chotek (Edwige Feuillère) e se ne innamora. Il 28 Giugno del 1914, a Sarajevo, periscono entrambi nell’attentato che innesca la Prima Guerra Mondiale.
Fuggito in Francia dopo l’ascesa di Hitler in Germania, l’ebreo tedesco Ophüls girò questo melodramma storico con fini antimilitaristi, evocando lo scoppio del primo conflitto mondiale mentre l’Europa si apprestava a subire le tragiche conseguenze del secondo. Oltre gli apparati, i cerimoniali e i giochi di potere, al regista interessano i rapporti tra le persone. Al centro della vicenda ci sono i due amanti Ferdinando e Sofia, pedine della Storia a cui è preclusa la libera espressione dei loro sentimenti, ma è alla protagonista femminile che il regista, come suo solito, riserva una più accurata caratterizzazione. Elegante ma un po’ leziosa la messa in scena, nel complesso non in grado di sollevare il film da un didascalico, per quanto piacevole, livello illustrativo. Il titolo allude ad un importante antefatto storico: la morte per suicidio dell’arciduca d’Asburgo Rodolfo, figlio di Francesco Giuseppe, avvenuta a Mayerling nel 1889. Di fatto quella tragedia fece balzare Ferdinando al primo posto nella linea di discendenza regale e dette avvio alla carriera diplomatica che lo avrebbe condotto verso l’assassinio di Sarajevo.
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Dopo il suicidio dell’arciduca Rodolfo d’Asburgo a Mayerling, l’erede al trono, retto da Francesco Giuseppe, è Francesco Ferdinando. Il giovane non lascia tranquillo l’anziano zio a causa delle sue idee progressiste. La situazione si complica ulteriormente quando conosce la contessa Sophie Chotek von Chotkowa, aristocratica ceca del Regno di Boemia e decide di sposarla nonostante i vincoli imposti dall’imperatore. Poiché non si tratta di un’appartenente, neanche in secondo grado, a una delle famiglie regnanti europee, i loro figli non avranno alcun diritto alla successione al trono e lei non potrà condividere il rango del consorte. Siamo nel 1940 e Ophuls gira un film che mette a nudo gli anacronismi che hanno dominato le famiglie regnanti sin dalla prima scena in cui si stanno stabilendo le collocazioni dei partecipanti a una cerimonia ufficiale, quasi si trattasse delle posizioni di una coreografia. Ma va oltre: parla di rispetto della libertà dei popoli e delle culture (facendo affermare queste esigenze a Sophie nel primo dialogo con Francesco Ferdinando) mentre Adolf Hitler sta sistematicamente proseguendo la sua opera di azzeramento delle stesse. Non è un caso che il dialogo di cui sopra avvenga sotto una brutta ma tremendamente incombente statua di Francesco Giuseppe, un potere che si fa convitato di pietra. Ciò che ancora una volta lo interessa è il confronto/scontro tra la maschera e il volto degli esseri umani. I due innamorati debbono nascondere i loro veri sentimenti a lungo prima di poterli far venire alla luce, grazie anche alla complicità dell’imperatrice. Così come, sul piano politico, Francesco Ferdinando si deve sforzare, con scarso esito, di trattenere la propria tendenza a dire ciò che pensa.
Giancarlo Zappoli – mymovies.it