1948: guerra fredda in Cile. Al congresso, il Senatore Pablo Neruda accusa il governo di tradire il Partito Comunista e rapidamente viene messo sotto accusa dal Presidente Gonzalez Videla. Il Prefetto della Polizia, Oscar Peluchonneau, viene incaricato di arrestare il poeta. Neruda tenta di scappare dal paese assieme alla moglie, la pittrice Delia del Carril, e i due sono costretti a nascondersi. Nel frattempo, in Europa, cresce la leggenda del poeta inseguito dal poliziotto, e alcuni artisti capitanati da Pablo Picasso iniziano a invocare la libertà per Neruda. Ciononostante in questa vicenda del poeta perseguitato e del suo avversario implacabile, Neruda intravede per se stesso dei risvolti eroici: la possibilità, cioè, di diventare un simbolo di libertà, oltre che una leggenda della letteratura. L’impresa temeraria di un film che si fa poesia senza essere banalmente poetico in cui Larraìn cerca più l’essenza che l’esistenza di Neruda, costruendo una caccia all’uomo come percorso interiore in cui il gioco al gatto e al topo con il prefetto di polizia trascende i fatti e diventa un percorso metafisico.
Argentina/Cile/Spagna/Francia 2016 – 117′
CANNES – Fuori concorso, ospite della sezione Quinzaine des Réalisateurs, Pablo Larrain in archivio torna a Cannes con un film sul poeta e nume tutelare del Cile Pablo Neruda. Ma Neruda è un’opera spiazzante, molto diversa dalle precedenti; pur mantenendo l’attenzione critica alla tragica storia del suo Paese (vedi Post mortem e El club, terribili atti di accusa all’epoca Pinochet e alla connivente chiesa cilena), Larrain si concede una divagazione, un divertissement, confezionando un film noir, un thriller psicologico incentrato su una fase particolare della vita del poeta.
Santiago 1948. Pablo Neruda, già famoso e adorato in patria per le sue poesie patriottiche (ma il Premio Nobel arriverà solo nel 1971) è un diplomatico di carriera e parlamentare comunista. Quando il presidente Videla si allea con gli Stati Uniti e, per compiacere il potente vicino (cosa che non farà Allende, con l’esito che sappiamo!), mette fuori legge il partito comunista, Neruda, assieme alla sua aristocratica moglie argentina Delia del Carril (Mercedes Moran), è costretto a nascondersi sbattuto qua e là dagli anche troppo premurosi compagni.
Qui, ma ne avevamo già sentito la voce narrante fuori campo, entra in scena il commissario Oscar Peluchonneau (Gabriel Garcia Bernal), incaricato dal governo di catturarlo a qualunque costo. Ma mentre Neruda è già un eroe del popolo cileno, il suo antagonista è un signor nessuno di dubbie origini, figlio di una prostituta e di un poliziotto, per cui la cattura del poeta è l’occasione della vita, se non per passare alla storia, certo per un riscatto umano e sociale.
Comincia così una caccia, un gatto col topo che è anche un giocare a rimpiattino, tra il poeta e il poliziotto, il quale, col procedere degli eventi, subisce il fascino della sua preda, vorrebbe da lui un riconoscimento della sua abilità. Tra i due nasce una relazione, quasi ossessiva. Neruda, non estraneo al concetto della vita come opera d’arte, non vuole essere catturato, ma neppure vuole che la caccia si arresti: lascia tracce, dissemina di copie delle sue opere i nascondigli che abbandona perché Peluchonneau le trovi.
Non tutto è facile da seguire, non tutto è logico e coerente, e il film alla fine si trasforma quasi in un road movie quando, abbandonata la moglie, liberatosi degli asfissianti compagni, il poeta punta sulle Ande per raggiungere l’Argentina a cavallo, inseguito da Peluchonneau… Nel finale, tra le nevi, il confine tra finzione e realtà scompare, c’è quasi un riconoscimento del reciproco valore.
Con questo ritratto di Neruda, Larrain non si pone certo il problema di lesa maestà, non esitando a dare del poeta (gaudente, vanesio, grande frequentatore dei bordelli cittadini, adorato dai fans, a cui non esita a declamare, applaudito, i suoi versi più conosciuti) un’immagine affettuosa ma sconcertante, soprattutto pensando a quello che Neruda rappresenta per il Cile. A volte si ha l’impressione che il regista ti inviti a non prenderlo sul serio. Senz’altro il film è una boccata d’aria fresca rispetto alla tetra determinazione a cui ci aveva abituato. La sensazione è che Larrain si diverta e noi con lui.
Grande Louis Gnecco nella parte di Neruda e incredibile la somiglianza col Philippe Noiret de Il postino. Sacrificato per ovvi motivi Alfredo Castro nella parte del presidente Videla. Forse volutamente eccessivo il personaggio di Gabriel Garcia Bernal, a volte, soprattutto all’inizio, quasi una caricatura del poliziotto di fonte alla caricatura del poeta.
Giovanni Martini – MCmagazine 40